Un nuovo libro per ricercatori riporta un secolo di anatomia sul coinvolgimento dell’intero cervello nella MH.

Sebbene molti scienziati abbiano incentrato i loro studi sul danno a carico di una parte del cervello chiamata striato, quest’ultima rappresenta solo un piccolo aspetto dei cambiamenti che avvengono a livello cerebrale durante la Malattia di Huntington (MH). Un nuovo libro riassume la maggior parte delle tecniche di ricerca, utilizzate negli ultimi cent’anni, che hanno permesso di ottenere un’immagine più completa della MH intesa come malattia che coinvolge l’intero cervello.

Cento anni di storia dell’Huntington

Quando George Huntington pubblicò per la prima volta, nel 1872, la descrizione di un disordine del movimento ereditario, sintetizzò in pochi paragrafi tutto ciò che si sapeva sulla malattia. A quei tempi, questa pubblicazione equivaleva solamente ad una breve descrizione clinica dellacorea ed altri sintomi, e della loro natura ereditaria. Ti sarai chiesto perchè la malattia abbia preso il nome di Huntington, ebbene questo non dipende dal fatto che sia stato il primo studioso a scoprirla e a descriverla – lui è stato solamente il primo a riportare la malattia con precisione e compassione all’attenzione di una grande comunità scientifica .1

Dopo circa 150 anni, cercando “malattia di Huntington” nei database scientifici si ottengono una diecina di migliaia di pubblicazioni. Oggi comprendiamo molti aspetti del cervello della MH, dagli invisibili meccanismi presenti nelle nostre cellule, al mappaggio anatomico reso possibile grazie alle nuove tecniche di imaging. Poichè ogni medico o ricercatore affronta solo un piccolo apetto della MH, è di cruciale importanza fare un passo indietro e guardare all’intera immagine di questo puzzle. Queste tipologie di sintesi avvengono spesso nel campo della scienza e sono importanti per andare avanti con la descrizione, la ricerca e il trattamento di una malattia.

Recentemente, quattro importanti ricercatori sulla MH, guidati da Udo Rüb, hanno messo assieme una completa revisione della letteratura (una sorta di libro avanzato) riassumendo la storia delle nostre conoscenze sul cervello della MH, da George Huntington al 2015. La loro analisi copre più di cent’anni di ricerca sull’anatomia e la patologia della malattia di Huntington, e suggerisce che la MH coinvolge molte più parti del cervello di quelle che solitamente siamo soliti riportare. Questa prospettiva cambierà il modo di pensare di molti dottori e ricercatori sulla sintomatologia e trattamenti.

Quello che conoscevamo da molto tempo: i gangli della base nella MH

Cosa sappiamo su ciò che accade nel cervello nel corso della MH? Avrai sentito dire che la MH colpisce quella parte del cervello chiamata dagli scienziati gangli della base. I gangli della base si riferiscono a un gruppo di aree interconnesse, all’interno della parte centrale del cervello e comunicanti tra loro, che controllano il movimento e la motivazione.2

Tra le strutture che compongono i gangli della base c’è lo striato. Quando parliamo a grandi linee dei cambiamenti che avvengono nel cervello durante la MH, facciamo spesso riferimento alle cellule più comuni dello striato. Queste cellule chiamate neuroni medium spiny, per ragioni ancora sconosciute, sono molto vulnerabili al danno causato dalla mutazione della MH.

Prima ancora che si conoscesse l’aspetto dei neuroni medium spiny e di come questi comunicassero, gli anatomisti dell’inizio del XX secolo notarono che c’era qualcosa che non andava con lo striato dei pazienti con la MH. Dopo aver confrontato i cervelli di persone affette da MH con quelli di persone sane post-mortem (dopo la morte), era evidente che lo striato era ridotto di volume – l’insieme di cellule che solitamente definisce la struttura appariva come un pallone sgonfio. Poichè questa trasformazione era evidente anche a occhio nudo, lo striato diventò presto centro di attenzione per gli studi della MH.

Oggi, è noto che nello striato il ruolo principale dei neuroni medium spiny è quello di inviare messaggi inibitori alle cellule responsabili del controllo del movimento. Diversamente, queste cellule altamente attive eccitatorie manderebbero continuamente i propri messaggi -del tipo “muovi i tuoi muscoli adesso!”. Perdere molti neuroni medium spiny significa che queste cellule eccitatorie possono agire in maniera incontrollata, il che spiegherebbe i sintomi motori che caratterizzano i pazienti con MH, ma non altri sintomi, come la depressione, cambiamenti della personalità, problemi del sonno o ansia.

Quello che conosciamo da un pò di tempo: la corteccia cerebrale nella MH3

Per comprendere le alterazioni visibile del cervello e collegarle alle conoscenze cliniche sulla MH, richiedeva un’attenta documentazione. Questo accadeva caso per caso fino agli anni 80, quando un gruppo di scienziati creò un sistema di classificazione al fine di standardizzare e classificare i danni post-mortem creati al cervello dalla MH. Il promotore di questo metodo è il Professore Jean-Paul Vonsattel, uno degli autori del nuovo testo. Durante le ultime tre decadi, l’analisi dettagliata di centinaia di cervelli affetti dalla MH, utilizzando la stessa scala, ha mostrato che la perdita di cellule nello striato è accompagnata da specifici danni a livello di altre aree del cervello.

In particolare, un altro segno caratteristico della MH al livello del cervello è il danno a carico dellacorteccia cerebrale. Questa parte del cervello è associata alle funzioni “superiori”, come pensiero, memoria, conoscenza e coscienza. E’ la parte più esterna del cervello, vicina al cranio, che ricopre il resto del cervello nella forma di un casco.

I cambiamenti a livello della corteccia causati dalla MH possono essere valutati attraverso il sistema di classificazione di Vonsattel e altre scale anatomiche, dopo che il danno sia stato confermato con sofisticati metodi di studio dei tessuti. Ad esempio, attraverso il microscopio e l’analisi statistica è possibile stimare il numero di cellule presenti nelle diverse aree.

Queste tipologie di tecniche adottate hanno dimostrato una diminuzione del volume della corteccia cerebrale e del numero di cellule contenute nel corso della malattia. Poichè le cellule corticali sono così importanti per la salute cognitiva e la personalità, una loro perdita comporta la comparsa di diversi sintomi mentali ed emotivi, come la depressione e la difficoltà di attenzione.4

Quello che conosciamo recentemente: le immagini del cervello in vivo nella MH

Il sistema di Vonsattel e altre scale anatomiche quantitative hanno permesso a molti ricercatori di investigare il decorso degenerativo della malattia. Lo sviluppo di sofisticate metodologie di studio dei tessuti ha esteso le nostre conoscenze, permettendo di visualizzare la patologia della MH, come ad esmpio i danni a carico di specifici strati di cellule, o l’accumulo della proteina mutata huntingtina. Nonostante gli studi del cervello umano post-mortem siano ancora un importante mezzo di comprensione della patologia cerebrale, le nuove tecnologie utilizzate per la ricerca sono diventate uno strumento essenziale.

Dopo che le tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica , o RM, sono entrate a far parte nelle procedure mediche e di ricerca di routine negli anni 90 e 2000, è diventato molto più semplice ed informativo studiare i pazienti portatori della MH nel corso della loro vita e durante lo sviluppo della sintomatologia. E’ diventato evidente, dai risultati degli studi longitudinali di imaging (dall’acquisizione di immagini del cervello ad intervalli regolari), che il danno dello striato progredisce molto rapidamente, mentre alcune parti della corteccia cerebrale ed altre aree del cervello degenerarno più lentamente. Con le nuove metodologie, alcuni cambiamenti cerebrali sono visibili anche prima della comparsa dei sintomi, dimostrandosi un utile metodo da utilizzare in futuro per la diagnosi della MH e la determinazione dell’inizio dei trattamenti farmacologici.

La RM e le altre tecniche di imaging sono gli unici mezzi a disposizione per lo studio del cervello umano in vivo e per l’osservazione dei cambiamenti avvertiti dai pazienti nel corso del tempo. Tuttavia, sebbene i sistemi di classificazione e le prime osservazioni anatomiche hanno riportato cambiamenti a carico dell’intero cervello nei soggetti affetti da MH, negli ultimi anni si è riscontrato un’attenzione particolare sullo studio dello striato piuttosto che su altre parti del cervello. Un importante risultato, infatti, ottenuto dalle osservazioni dell’intero cervello in tempo reale, negli ultimi dieci anni, è l’evidenza circa la presenza di un danno diffuso che ha fatto sì che i ricercatori utilizzassero altre tecniche al fine di riesaminare alcune regioni del cervello precedentemente sottovalutate.5

Quello che sappiamo dai nuovi dati: altre aree del cervello nella MH

Nella loro revisione, Rüb e i suoi collaboratori hanno, inoltre, approfondito altre tre parti del cervello, il tronco encefalico, il talamo e il cervelletto. Il tronco encefalico è il punto di incontro tra il cervello e il midollo spinale, e controlla le attività involontarie come la respirazione e il battito. Il talamo è un insieme di centri di trasmissione vicine al centro del cervello che trasmettono messaggi da un’area all’altra. Immagina un grande call center con molti operatori in attesa di collegare chi telefona con il ricevitore. Il cervelletto è una larga area posteriore del cervello che controlla movimenti definiti ed involontari, e mantiene l’equilibrio e una corretta anadatura.

Gli studi recenti sulla MH utilizzano diverse tecniche per lo studio di queste aree del cervello danneggiate, dall’imaging con RM all’attenta esaminazione dei tessuti cerebrali post-mortem. Questi studi potrebbero giocare un ruolo importante nella spiegazione di sintomi non correlati alla perdita striatale, come ad esempio le difficoltà di deglutizione (controllate dal tronco encefalo), i movimenti oculari patologici (comandati attraverso il talamo), la postura e la deambulazione anomale (controllate dal cervelletto).

Cosa significano questi risultati oggi: la ricerca e il trattamento della MH6

Una grande teoria sulla progressione della MH, che sta emergendo negli ultimi anni, riguarda l’espansione della malattia in tutto il cervello da un’area all’altra attraverso le connessioni anatomiche. Di conseguenza, quando le cellule dello striato iniziano a morire queste smettono di trasmettere messaggi alle cellulle presenti nel talamo e nella corteccia. Quest’ultime non ricevendo più messaggi dallo straito, iniziano anche loro ad ammalarsi – come per quanto accade per l’atrofia muscolare quando i muscoli non vengono utilizzati. Anche queste smettono di comunicare con le altre cellule, e in poco tempo, coinvolgono altre aree interconnesse.

I danni a livello cerebrale nel corso della MH rilevati con studi post-mortem e di imaging mostrano come lo striato degeneri molto velocemente mentre la corteccia, il talamo, il tronco encefalico, e il cervelletto vengano danneggiati molto lentamente. Molte domande rimangono ancora aperte e sono necessarie per completare il grande puzzle – come ad esmpio, perchè lo striato è principalmente coinvolto, e perchè sono i sintomi non-motori ad essere i primi a comparire.

Sorprendentemente, quanto osservato sul cervello affetto da MH dagli anatomisti all’inizio del XX secolo, è oggi confermato dalle moderne tecniche di imaging in vivo. In generale, nuove e vecchie conoscenze ci indicano che la MH non riguarda solo un problema a livello dello striato – è undisordine multisistemico che interessa l’intero cervello e corpo, e questo dovrebbe influenzare il come vengono prodotte e testate nuove terapie. Tornare indietro nel descrivere cosa abbiamo imparato rende noto il nome di George Huntington – e permette ai nuovi scienziati di elaborare cosa già sappiamo, durante il processo di identificazione dei nuovi pezzi mancanti del puzzle.

Fonte. HDBuzz