I giudici – con la sentenza 213 depositata oggi – spiegano che il verdetto non intende equiparare coniugi e conviventi, ma ha l’obiettivo di tutelare la salute psicofisica del soggetto con handicap in situazione di gravità assicurandogli la vicinanza della persona con la quale ha “una relazione affettiva”

È inviolabile il diritto alla salute psico-fisica del disabile grave. Una riflessione che può apparire banale, ma che invece è stata necessaria ai giudici della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge 104 del 1992 nella parte in cui non include il convivente tra chi ha diritto al permesso mensile pagato ovvero moglie o marito, parenti o affini entro il secondo grado.

E così pur non equiparando conviventi e coniugi i magistrati stabiliscono che anche i conviventi more uxorio con una personadisabile, per occuparsi dell’assistenza in favore del partner malato o invalido, possono usufruire – al pari dei coniugi e dei parenti fino al secondo grado – dei tre giorni di permesso mensile retribuito e coperto da contribuzione figurativa previsti dalla legge 104 del 1992. “È irragionevole che nell’elencazione dei soggetti legittimati a usufruire del permesso mensile non sia incluso il convivente della persona con handicap”. Ed è per questo che i giudici invocano l’articolo 3 della Costituzione, quello che tutela l’uguaglianza dei cittadini, “per la contraddittorietà logica della esclusione del convivente dalla previsione di una che intende tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile”.

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Fonte: Il Fatto Quotidiano