*Gioia Jacopini

Per le famiglie con Malattia di Huntington quest’ultimo biennio è stato ricco di annunci importanti dal fronte della ricerca internazionale di una cura. Nel nostro convegno di Dicembre   2018 il dott. Pata in rappresentanza della casa farmaceutica Roche, ha parlato di future sperimentazioni anche in Italia a partire da quest’anno e ha descritto nel dettaglio il grande impegno non solo da parte dei medici dei centri coinvolti ma anche, e soprattutto, dei pazienti selezionati per farne parte. A tal proposito, sentire che non tutti i partecipanti al trial riceveranno il farmaco ma che ad alcuni sarà somministrata una sostanza innocua ma non efficace farmacologicamente (placebo) ha destato un bisogno urgente di sapere il perché, si è chiesto se fosse etico, e anche nei giorni a seguire ci sono state richieste di chiarimenti. Dunque abbiamo pensato che fosse utile fare conoscenza con il placebo (l’innocua sostanza) e il suo celebre effetto (effetto placebo).

Placebo è il futuro del verbo latino placere e vuol dire piacerò. Il suo opposto è nocebo, dal verbo latino nocere e vuol dire nuocerò. Placebo e nocebo sono noti effetti psicologici legati – semplificando molto – all’autosuggestione per cui, a seconda che ci si aspetti da qualcosa un effetto positivo o negativo, quello si avrà.

Chi studia psicologia impara presto che l’aspettativa di un cambiamento (nel bene o nel male) è una forza molto potente. Iniziare un percorso (una psicoterapia così come un trattamento medico) da cui ci si attende un miglioramento fa già sentire meglio. A volte da subito, prima ancora di iniziare.

Vari studi hanno dimostrato che l’attività neurochimica del cervello ha dei cambiamenti quando esiste la convinzione che un miglioramento avverrà. E’ proprio per questo che i trial clinici di nuovi farmaci, ancora non approvati per il commercio, hanno bisogno di studi con placebo in doppio cieco.

Doppio cieco vuol dire che né i ricercatori né i pazienti arruolati nel trial clinico sanno chi sta assumendo il farmaco e chi il placebo.

I pazienti vengono informati di tutto questo all’inizio dello studio, incluse le probabilità di appartenere ad un gruppo (quello del farmaco) o all’altro (quello del placebo). Vengono anche informati che ricevere l’uno o l’altro è del tutto casuale, non sono i ricercatori a deciderlo perché neppure loro lo sanno. Se il ricercatore sapesse chi riceve cosa potrebbe, anche involontariamente, farlo capire ai pazienti, magari riversando maggiori attenzioni su chi riceve il farmaco e dunque il doppio cieco è fondamentale per avere uno studio libero da ogni indebita interferenza.

I pazienti vengono anche informati del fatto che partecipare allo studio è una libera scelta e, se non vogliono, possono comunque continuare ad essere curati con i farmaci disponibili.

Partecipare ad un trial è dare a se stessi una possibilità ma è guardare oltre se stessi e contribuire a dare una possibilità a tutti quelli che verranno.

* Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC/CNR), Roma Italia